GIRIFALCO
A 44 ANNI DALLA CHIUSURA DEI MANICOMI

POST. N. 23 DEL 08 MAGGIO 2022 ww.leonardo51.com

L’ABOLIZIONE DEL MANICOMIO E LA RIPERCUSSIONE SUL TERRITORIO.

LA NOVITA' DELLA REMS

Il 13 maggio 2022 saranno trascorsi 44 anni dal momento dell’abolizione dei manicomi.

 Per Girifalco la cui economia, per il suo sviluppo, si era amalgamata con l’esistenza di quella struttura ospedaliera, è stato un tracollo economico che solo a distanza di 44 anni pare riprendere la sua corsa.

 Un po’ di storia e un po' leggenda. Tutto iniziò nel lontano 1878 quando fu Istituito come Manicomio provinciale della Calabria Ultra 2°, collocato in un’imponente struttura ex convento dei  frati minori riformati.

 All’epoca la scelta di allocare il manicomio provinciale in Girifalco viene così giustificata dagli specialisti e dai tecnici.

  La relazione scientifica del 15 luglio 1878 così si esprime:

<In riferimento alla località, “… bisogna esaminare la posizione climatologica ….. Da Squillace a San vito, a Chiaravalle, a Girifalco e infine a Maida, si incontra un panorama svariato di vegetazione che mostra come in quei luoghi non predominano né rigidi freddi, né estenuanti calori, né umidità eccessiva, né altre condizioni meteorologiche che potrebbero controindicare la fondazione di un Manicomio.

Se si riflette che oggi è comunemente ritenuto che per la cura dei folli il primo per non dire il solo mezzo è la igiene, per la fondazione di un manicomio si chiede un sorridente panorama campestre ed una azione climatologica ristorante del sistema nervoso, si vedrà come il continente di questo golfo di Squillace rinomato fin presso gli antichi per la sua salubrità…. ben si presterebbe alla fondazione di un Manicomio molto meglio di altre contrade d'Italia. >

<A Girifalco, a poca distanza del Comune, vi è un ex convento parimenti ampio, al quale si accede per mezzo di una buona strada rotabile;

Sul versante orientale dell’Appennino a circa 11 chilometri lontano dal lido del golfo di Squillace, 450 metri sul livello del mare, sorge questo grazioso edificio a fianco di un’ampia chiesa a tre navi.

Lungo la strada rotabile si estende il lato settentrionale di questo ex convento, mentre il meridione affaccia in un bel campo di 18000 metri, nel quale vi è un boschetto di querce, un uliveto e un frutteto. ……

Oggi il lavoro agricolo è concordemente riconosciuto da tutti gli alienisti come uno dei più potenti mezzi di cura in molte forme ed in taluni periodi della follia…. Noi non potremmo non seguire questo indirizzo ….. siccome le condizioni del clima, il campo ed il panorama di Girifalco si  presenta a meraviglia a svolgere in questo senso un sistema di cura igienica razionale.

Io spero che i poveri folli calabresi ricoverati ad Aversa, ritornando al loro campo ed al loro lavoro, potranno (almeno quelli meno gravi) se non riacquistare la ragione, godere di uno stato di benessere relativo.

Si è sperimentato che tanto il delirio, quanto il torpore celebrale, così la denutrizione come disturbi e congestioni addominali degli alienati, ricevono dall’aria libera, dal moderato esercizio muscolare e dall’ambiente campestre un ristoro che non potrebbe attenuarsi altrimenti.

Per siffatte ragioni si è annesso un porticato coperto ed un giardino ad ogni sezione……

 Ma se il porticato ed il giardino giovano per ristorare e calmare gli infermi affetti dalle forme più gravi di follia, è necessario il campo di lavoro agricolo industriale organizzato in forma di colonia annessa al manicomio per tenere utilmente occupati e per curare efficacemente i folli non pericolosi….”

(Le suddette notizie storiche sono tratte da “Storia del Manicomio di Girifalco” di Domenico Marcello.)

 Un secolo e mezzo di attività nel difficile campo di cura della mente, hanno certamente conformato la comunità girifalcese ospitante a vedere il malato di mente come una malattia non differente di altre, caratteristica questa che la pone tra gli elementi essenziali, insieme al clima, al panorama e l’ambiente campestre oltre alle cure sanitarie, che possono contribuire alla cura ed alla riabilitazione della mente.

  Da quanto raccontano gli anziani, <il Manicomio era un paese nel paese, con una efficiente organizzazione in gran parte autonoma per moltissimi anni è arrivato, in alcuni momenti, ad ospitare oltre 1.000 degenti oltre al personale infermieristico e ausiliario il cui numero a volte raggiungeva le 500 unità. 

Era tutto il complesso organizzativo, dal personale direzionale, a quello medico sanitario, amministrativo e tecnico che doveva camminare in sintonia.

Non sarebbe stato possibile altrimenti far funzionare una tale Organismo, in quei termini, per oltre un secolo. Era, comunque pur sempre un Manicomio e non c’era la strumentazione e la farmacologia di oggi, né le attuali possibilità informatiche e telematiche. Per l’epoca era tra gli ospedali più avanzati nel settore psichiatrico.

Per moltissimi anni dopo la sua fondazione, la struttura ha visto a capo il Direttore, tra questi il dott. Domenico Marcello di Cortale, coadiuvato, dal punto di vista sanitario, da una equipe medica psichiatrica di circa 20 medici psichiatri, oltre a psicologi ed assistenti sociali, farmacisti, tecnici di radiologia e di laboratorio analisi e Ispettori al Personale tra cui l’Ispettore Bonaventura Petitto di Girifalco. 

Il Complesso comprendeva, poi, la farmacia, la radiologia, il laboratorio di analisi, gli uffici economato e personale, e poi gli altri servizi: il panificio, la cucina, la dispensa, la lavanderia, la sartoria, la falegnameria e muratori, elettricisti, idraulici, barbieri, calzolai, addetti alle caldaie, alla portineria, al cancello, al telefono, oltre gli autisti ed la comunità delle Monache.

Ci sono stati tempi in cui vi erano i coloni addetti a lavorare la campagna e ad allevare suini e vitelli che venivano, poi, macellati all’interno, nel reparto macello; servivano per alimentare i degenti. In quei tempi veniva sperimentata la cura mentale mediante l’impiego dei malati a lavorare nelle campagne dell’Ospedale.

Vi era, infine, il centro sociale con il bar al servizio sia dei degenti che del personale.

Un paese nel paese dove ogni addetto aveva un ruolo preciso da svolgere per far funzionare il complesso sistema.>

Sembra una leggenda, ma è storia reale.

  La legge 132 del 1968 aveva limitato i ricoveri limitandoli ad un massimo di 500 degenti per manicomio. La situazione, comunque si stava evolvendo. L’utilizzo dei manicomi per disfarsi dei dissidenti politici e anche come luogo alternativo di sopravvivenza alimentare all’impossibilità delle famiglie indigenti di prendersi cura dei figli, vedeva internati anche bimbi, pur sani, già all’età di 4 anni; all’epoca era sufficiente un semplice certificato medico che dichiarasse il bimbo pericoloso per se e per gli altri; migliaia sono stati quei bambini.

 Ebbene, nel 1978 la legge 180 proposta dallo studioso, psichiatra, dott. Franco Basaglia, cambiò le cose. Abolì i manicomi e stabilì che i disturbati mentali non dovessero essere considerati soggetti pericolosi e dovevano avere gli stessi diritti come tutti glia altri ammalati.

 L’impatto della legge per Girifalco e circondario è stato dirompente.

 Da lì a poco doveva essere inaugurata a Girifalco l’apertura della nuova struttura psichiatrica di oltre 40 mila mq inserita in un’area verde di oltre 400 mila mq.

 La legge 180 ne bloccò l’apertura. Tutto fu abbandonato, nessuna riconversione, 20 miliardi di lire buttate al vento ed alla mercé dei ladri e dei rovi.

  Non tutto si evolse come sperato dal legislatore, il provvedimento di legge che doveva riformare in meglio la vita dei disturbati mentali, invece, all’epoca, li ha abbandonati a loro stessi, facendoli rientrare in famiglie impaurite e che non li accettavano oppure, trasformandoli in barboni che non ce l’hanno fatta a tirare a lungo e molti trovando la morte nei posti più angusti.

  Intanto per Girifalco, fino a quel momento una realtà economica in espansione iniziò il declino. Nessuna strategia venne applicata per adeguare quell’immenso complesso e con moderne strumentazioni, in strutture sanitarie di indirizzo diverso o para sanitarie e comunque utilizzabili.

 Non si trattava comunque di salvare solo quei 20 miliardi di investimenti pubblici, ma di salvaguardare un territorio che aveva rivolto tutta la sua potenziale economia ed investito ingenti risparmi per costruire alloggi, tanti alloggi che avrebbero dovuto accompagnare lo sviluppo economico del territorio garantito dalla messa in funzione di quell’immenso nuovo complesso sanitario.  Non solo Girifalco ma l’intero territorio circostante, venne abbandonato dai politici per tutti gli anni a venire.

   Tra le illusioni dei politici quali la promessa dell’utilizzo delle strutture per il corso di laurea in Scienze motorie che avrebbe dato nuova linfa vitale al territorio. Nulla però venne mantenuto. Tutte quelle case costruite con i risparmi dei Girifalcesi rimasero anch’esse chiuse e molte non completate. Risparmi di intere generazioni bruciati in un solo colpo: abolizione del manicomio e nessuna finalità alternativa.

  Intanto in quest’ultimi anni, grazie all’interessamento di gente di buona volontà, è stato almeno ristrutturato il vecchio ospedale psichiatrico noto come Complesso Monumentale di Girifalco; rimesso a nuovo, gli è stata ridata la funzione di aiutare i disturbati mentali e non solo.

 Ristrutturato, in parte e di recente, il complesso monumentale è attualmente sede di:  Centro UVA (Unità di Valutazione per la malattia di Alzheimer), di Unità operativa di Tutela Anziani e disabili e struttura specialistica per le demenze e i disturbi cognitivi dell’adulto. E’ presente il

Centro di Salute mentale (C.S.M.) 

Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (S.P.D.C.). Non svolge la funzione di manicomio criminale successivamente questi sostituiti dagli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG).

 Al momento molti sono i degenti in qualità di ospiti come RSA (Residenza Sanitaria Assistita) e diversi sono degenti come CTR (Comunità terapeutica riabilitativa).

  Intanto nel 2014 la legge 81 e s.m.i. dispone la chiusura dei manicomi criminali e pone l’obiettivo di passare da un sistema carcerario ad un sistema ospedaliero in una logica di cura e riabilitazione del malato di mente che sarà compiuto nell’ambito di un sistema di sicurezza del territorio basata sul personale dipendente in servizio integrato da Operatori di sicurezza; l’area, poi, sarà soggetta a videocontrollo connesso con le forze dell’ordine.

 Ancora una volta a distanza di circa un secolo e mezzo, la valutazione effettuata dagli studiosi, dai tecnici e dagli specialisti in materia psichiatrica sceglie Girifalco ed il suo maestoso Complesso Monumentale quale luogo per la cura e la riabilitazione dei disturbi mentali.

  Una parte del complesso viene, così, ristrutturato ed nella sua area interna istituita la REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure Di Sicurezza Detentiva), con 40 posti letto, per accogliere, assistere e curare i criminali disturbati mentali

  Una scelta appropriata quella del Complesso Monumentale di Girifalco quale sede REMS, ma non casuale, poiché non poteva discostarsi dalla storia di quello che è stato e continua ad essere uno dei più maestosi Ospedali psichiatrici del Sud Italia e, ancora oggi, per le sue qualità,  punto di riferimento per la cura e la riabilitazione della mente malata.

Finalmente pare che l'inaugurazione dell'apertura della REMS si stia avvicinando.





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CAMINIA
IL MISTERO DELLA GROTTA

Post 23 marzo 2022. #Stalettì #Gasperina #Montauro, #caminia #regionecalabria 

Uno scorcio della spiaggia di Caminia di Stalettì, paese dove ho abitato da fanciullo, nel 1960, per qualche estate. Non lo posso dimenticare perché, proprio all'inizio della scogliera, dopo la lunga e meravigliosa spiaggia, esiste la Grotta di San Gregorio, grande, immensa, misteriosa, nascosta dai grandi scogli e con qualche metro di spiaggia e vi si poteva accedere, allora, soltanto nuotando per aggirare gli scogli. Nella nostra ingenuità, ricordo che io ed miei amici, tutti al di sotto dei 10 anni, ci addentravamo proprio in quel buioso antro per diverse decine di metri all'interno, per scoprire quello che la leggenda raccontava dell'invasione dei Saraceni. La Grotta di San Gregorio, si narrava, era collegata con il Monastero (ora un rudere, ma sempre bello ed ancora in grado di colpire l'occhio del turista), che si vede su quel promontorio tra Montauro e Gasperina. La lunga galleria serviva proprio per fuggire di nascosto agli invasori. Ad un certo punto ricordo che la paura aveva la meglio e di corsa si tornava indietro a giocare in quelle spumose onde di quel mare da bere tanto era pulito. Non finì lì, ma qualche anno dopo, più grandicello, nel 1964 quando mi trasferì a Gasperina, come racconto nel mio libro ANNI BRUCIATI BURNT YEARS, con la grande curiosità di scoprire sempre qualcosa di sconosciuto, (come può essere ora il mio libro), io ed i miei amici andavamo sui costoni di quel rudere. Posso darne testimonianza, perché l'ho vissuto personalmente, un pomeriggio d'estate in una piccola caverna trovammo due scimitarre, quelle inarcate come si vedono nei film di Aladino. Giocammo alla guerra per qualche istante, ma non capimmo il valore di quel ritrovamento. Le lasciammo dove le avevamo trovate e tornammo a casa. Non ci pensammo più. Io almeno non ci ho pensato più fino ad oggi.

BURNT YEARS   ANNI BRUCIATI

Non è il solito libro autobiografico palloso dai soliti contenuti.  

A leggerlo nella sua interezza è qualcosa di speciale, di inusuale, che porta alla scoperta di una sensibilità, anche la propria, nascosta.

Affronta tematiche plurime e stati d’animo che, se non evidenziati, passano inosservati con il trascorrere della vita.

Uno spirito libero che si ritrova nel fiore dell’adolescenza, proiettato in una realtà nella quale tutto è preordinato,  prestabilito, predisposto ed in cui le parole da imparare subito sono Ordine, Obbedienza e Studio.  

E’ un racconto che narra le vicende di un collegiale tramite varie espressioni e generi letterari: versi umoristici, poesie, racconti rosa e fantasiosi velati da una tenue e gentile sensualità nonché narrativa memorialistica lambita da un barlume di riflessioni mistico-filosofiche.

Se l’intero componimento porta il lettore alla scoperta di una dimensione sconosciuta perché non vissuta e non letta, molto toccanti ed emozionanti sono i fatti di vita reale.  

L’esaltante esposizione dell’Epilogo di una vita libera culmine di figurazione della libertà di azione e di pensiero perduta, l’umoristica raffigurazione degli attori della vita collegiale e della giornata del collegiale, la tristezza, lo sconforto e la disperazione straripanti nelle Poesie  e poi gli episodi descritti in Brevi scorci di vita vissuta di un collegiale che narrano i giorni, le avventure, le esperienze d’amore di un adolescente, molto diversi da quelli nei quali la sua libertà era abituata, quali gli spazi aperti, la sregolatezza e le improvvisazioni  di un trascorrere della vita misterioso ma felice ed entusiasmante.

Molto emozionante l’episodio I campionati provinciali di atletica nel quale il giovane si propone con tutte le sue forze di vincere la medaglia d’oro.

Non mancano, poi, le traumatizzanti  crisi esistenziali e mistiche dell’adolescente con il suo continuo domandarsi dei perché della vita che culminano, alla fine, in un crescente batticuore, a scoprire il segreto dell’eternità.  

Il libro termina con il breve racconto immaginario di un collegiale Bruna the woman un po’ audace e sensuale per ricordare al lettore il fine ultimo dell’esistenza dell’Essere purtroppo attenuato ed a volte dimenticato per i tanti doveri divenuti nel tempo prioritari.

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